4° Raduno Nazionale del 70° Corso A.U.C.

 

 

Quest'anno iniziamo la pagina del raduno con un inedito scritto dalla gentile consorte di Alberto Sanna

 

IL 4° RADUNO NAZIONALE DEL 70° CORSO A.U.C. A PALERMO
RACCONTATO DALLA MOGLIE DI UN PARTECIPANTE

Il mattino che anticipa ogni partenza è sempre un buon risveglio, ma non venerdì 3 ottobre; o meglio, mio marito è giustamente euforico per la rimpatriata che farà con i suoi amici, ma la sottoscritta… Già, sarò costretta a salire su un aereo, cosa che non avrei mai pensato di fare. Sono convinta ancora adesso, a distanza di una settimana, che, se l’uomo dovesse volare, avrebbe le ali. Ma raggiungere Palermo e tornare a casa entro lunedì non offre alternative, così alle 8 siamo al Malpensa e i criceti che sonnecchiavano nella mia pancia iniziano a correre.

Le misure di sicurezza non aiutano a rilassarmi, mi guardo intorno come se fossi su una polveriera in fiamme, Alberto è concentrato sulle formalità e non bada a me. Comunque ci imbarchiamo senza sapere che, nel frattempo, il brutto tempo ha fatto vittime e danni a Messina. D’altro canto qui il tempo è splendido e nulla fa pensare, per mia fortuna,ai temporali. Seduta a bordo tento di non guardare fuori e di non sentire i rumori sinistri che annunciano il decollo. Alberto insiste a farmi guardare il panorama, ma non me lo posso godere, ho le palpitazioni e le gambe molli.
Il comandante annuncia che su Palermo c’è brutto tempo, come se non me ne fossi accorta dallo sballonzolamento dell’aereo e dalle nubi. Mi passano davanti in un attimo tutti i film catastrofici che puntualmente la TV passa in estate, sempre quando uno sta per partire e mi domando di nuovo perché ci sono venuta. Tra la montagna e il mare, l’aereo sceglie la pista e siamo di nuovo con i piedi sul terreno, magnifico! Purtroppo il cattivo tempo ci accoglie con acquazzoni intermittenti ed enormi pozzanghere ma in breve giungiamo in albergo, dopo aver posteggiato l’auto sana e salva, visto il traffico caotico.
Rifocillati da una squisita insalatona mista ci sentiamo pronti per iniziare la festa. Ed ecco infatti la telefonata di Leopoldo che ci dà appuntamento in via Notarbartolo, credo il posto più caotico del mondo; tutti suonano ed all’inizio noi ci voltiamo ogni volta che sentiamo un clacson, poi capiamo che non è rivolto a noi, ma qui tutti suonano, basta non farci caso. Rivedere Leopoldo è come tornare indietro alle ferie del 2008, ma stavolta c’è anche Rosanna che ci porta a casa loro dove gli uomini riprendono i contatti con il resto della compagnia. Appuntamento in pizzeria. Davanti ad una croccante pizza ci ritroviamo: Leopoldo con Rosanna, Pepè con Palmina, Mario con Catia e l’amico Amedeo, Alberto ed io. Terminata la cena, i padroni di casa ci accompagnano nella movida palermitana: davanti al teatro in cui suona un’orchestra classica c’è un concerto per giovani con tanto di spiegamento di forze dell’ordine. Il teatro illuminato è splendido. Poi entriamo in un bar dove sono spettatrice, per la prima volta, della dialettica siciliana, fatta di domande senza risposte, che danno origine ad altre domande. Il tutto per ordinare una cassata. Mi sembra di essere in un romanzo di Camilleri con i personaggi che si muovono con un andamento lento e parlano con un’ironia sottile che per noi settentrionali è impensabile. Pare che la cassata fosse strabiliante, parola di Alberto che non è proprio uno che si accontenta. A mezzanotte le strade sono ancora intasate come a mezzogiorno ma ci salutiamo perché l’indomani è “il giorno”.
Puntiamo la sveglia alle 8,30 e ci addormentiamo di botto, Alberto senza tappi nelle orecchie, cosa che non gli capitava da anni. Non ci svegliano né i tuoni né la pioggia e la mattina siamo freschi come due quarti di pollo. Già la colazione ci ben dispone verso la giornata: a Palermo si beve il caffè migliore dell’universo creato. Io continuo a pensare che la proposta di Palmina di andare per mercati disertando la cerimonia potrebbe essere un’idea per noi femminucce, ma non oso esternarla, forse agli uomini fa piacere averci lì, o no? Perciò restiamo tutte in attesa degli eventi, mentre la compagnia si compatta. Arriva il pulmino con gli amici del nord-est, la macchinata degli uomini e Cesare, che Alberto aspettava particolarmente, in quanto no lo vedeva dai tempi del corso.

La cerimonia vera e propria inizia con l’alza bandiera e la deposizione della corona ai caduti.

Anche le signore sono coinvolte dalla solennità del momento. Alla fine mi lascio distrarre dalla mascotte della caserma, un magro gatto nero, socievolissimo e giocherellone.
Il gruppo si ricompone per un caffé e noi donne ne approfittiamo per chiacchierare del più e del meno, lasciando agli uomini i discorsi “seri”.
Infatti, loro aspettano la visita guidata ai mezzi esposti nel cortile dove... sorpresa, c’è una soldatessa che guida i carri e fa da cicerone.
Per fortuna la ragazza è anche una cavallerizza e ci accompagna nelle scuderie dove, anche noi donne ci entusiasmiamo alla vista dei 20 splendidi cavalli.
La mattinata culturale volge al termine dopo la sosta nel Circolo con i saluti di rito.











Leopoldo si mette alla testa della carovana e ci accompagna sul monte  Pellegrino, al Santuario di S. Rosalia che alcuni di noi non hanno mai visto. Mi fa impressione rivedere lo stesso posteggiatore incontrato nel 2008 che fischi inutilmente come allora e ti spaccia le immaginette di S. Rosalia. Solo che allora c’erano 35° invece ora è umido, il sole va e viene e non ci sono turisti. L’interno del santuario è invaso dall’acqua che ancora scorre nei cataletti messi sul soffitto della grotta e ti piove in testa. Ci spostiamo sul belvedere da cui si vedono pregi e difetti dei dintorni: l’azzurro del mare e il bianco degli scafi contrastano con le macchie dei cumuli dei rifiuti sparsi sui fianchi dei monti sui quali spuntano anche le costruzioni di decine di ville.

Infine raggiungiamo il ristorante sul mare. Abbuffata di squisito pesce!  Tutto è perfetto e mangiamo fino a scoppiare. Alle signore viene donata una rosa poi gli uomini fanno firmare i menù come gli studenti fanno firmare le foto di fine anno. L’atmosfera è rilassata, i ricordi scorrono con gli aneddoti e si scopre, per esempio, che il compassato e serissimo Cesare aveva fama di monello poco incline a rispettare la disciplina, a vederlo ora si stenta a crederlo. Mi fa pensare ancora a certi personaggi di Camilleri, misurato nei gesti e nelle parole ma pungente al momento giusto. La sua signora, come Rosanna, è combattiva e molto loquace. Ma chi dice ancora che le donne del Sud sono sottomesse ai mariti? Per avere la prova del contrario si prega di conoscere le signore di cui sopra. Verso sera alcuni danno forfait e una parte della compagnia si ritira. Noi, con Leopoldo, Mario, Carlo e signore, iniziamo una nuova visita di Palermo, tanto non c’è bisogno di cenare. Rivediamo, sotto la pioggia, il duomo illuminato, il Comune e le vie principali invase dalla gioventù. Ma la stanchezza ci piomba addosso tra una chiesa e l’altra e decidiamo che è ora di salutarci
Non pensavo che mi sarei commossa salutando Leopoldo e Rosanna, ma un sottile fremito di tristezza mi (forse ci) ha percorso perché lo sappiamo che non ci rivedremo tanto presto, ma lo farei volentieri, mi piace la Sicilia e sono stata molto bene con tutti, con loro in particolare.
Così non è solo per la stanchezza che non abbiamo voglia di parlare mentre rientriamo in albergo, ci fermiamo in un bar per consolarci un po’ e forse per prolungare il momento del sonno che ci porterà inevitabilmente al distacco vero e proprio da Palermo e dagli amici.
Ma domani si parte presto, perciò non resta che arrendersi e tornare in albergo e chiudere la valigia. Infatti la sveglia delle 6 suona in un battibaleno e le mie ansie riprendono, sommate alla malinconia della partenza. Alle 6,30, per fortuna, non c’è anima creata per le strade e, senza difficoltà attraversiamo la città, poi imbocchiamo la strada per l’aeroporto. Alziamo gli occhi là dove ci ha indicato Leopoldo: sulla collina di Capaci c’è una costruzione bianca, sempre illuminata. E’ da lì che hanno azionato la carica esplosiva al passaggio delle auto del giudice Falcone e della sua scorta. Il cielo grigio e il mare bianco non infondono pensieri ottimisti. L’aeroporto è quasi vuoto, è prestissimo, non resta che leggere ma anche il libro finisce, per fortuna c’è il GP di formula uno alla TV. Infine arriva l’annuncio: l’aereo è sulla pista, si torna al nord per forza. Stavolta mi tocca il posto vicino alfinestrino e non posso evitare di guardare il decollo: terrore puro! Ma niente potrà sminuire il piacere di aver conosciuto quelle persone che ora stanno tornando alla loro routine ma che mi hanno coinvolta fin da subito in un rapporto di amicizia che va ben oltre i confini geografici. Perciò ecco la risposta alla domanda: “Cosa ci sto a fare qui?”. Ho volato fin là per stabilire un legame affettivo, ne è valsa la pena.

 

 

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